Un unico destino. Un film necessario.
E’ trascorso da pochi giorni il quarto anniversario di una delle più grandi tragedie del Mediterraneo. L’11 ottobre 2013 una barca con a bordo 480 persone in fuga dalla guerra naufraga a circa 60 miglia dalle coste di Lampedusa. 268 persone, tra cui 60 bambini annegano in fondo al mare.
“Un unico destino, tre padri e il naufragio che ha cambiato la nostra storia” è un film documentario prodotto da La Repubblica, l’Espresso e Sky, che racconta quella storia atroce e dolorosa dal punto di vista di tre uomini, tre medici siriani in fuga da Aleppo che scelgono di salire con le loro famiglie su quella barca che dalla pericolosissima Libia non arriverà mai in Italia. E’ un racconto straziante e allo stesso tempo colmo di dolcezza e compassione quello che Fabrizio Gatti, regista di questa pellicola, offre agli spettatori nell’arco di un’ora nella quale sono condensate le vite dei sopravvissuti e il loro stravolgimento.
Un film documentario sull’umanità, sulla dignità del dolore e sulla rabbia che assale quando si ascoltano gli audio delle comunicazioni degli Ufficiali Italiani che rispondono evasivi alle richieste di soccorso che per cinque ore arrivano da quella tomba galleggiante che imbarca acqua e oscilla pericolosamente. Si poteva intervenire, di doveva intervenire ma nulla è stato fatto.
E così quello che rimane sono le vite a metà dei tre uomini che raccontano con calma la storia, le sensazioni, la paura tenuta a bada fino all’ultimo, fino a quando di colpo la barca si rovescia e finisce tutto, poco prima del tramonto di quell’11 ottobre che pesa come un macigno sulla coscienza di un paese, il nostro, e dell’intera Comunità Europea.
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